Le cellule, consapevoli e indipendenti

Nella scorsa puntata abbiamo osservato il viaggio intrepido e avvincente di una cellula fecondata, che parte piccola e semplice ma ha già tutte le informazioni di cui ha bisogno nel suo DNA. Abbiamo visto come questa cellula sia in grado di dare origine a un intero organismo in un tripudio di complessità e organizzazione.

Vi dovreste già essere abituati a vedere una cellula come “una persona”, che osserva, interpreta e reagisce. Infatti tutte le cellule hanno recettori per “sentire”, hanno delle reti di segnali per “interpretare” e uno citoscheletro per “muoversi”.

E quando parlo di ‘scheletro’ non è una metafora! Tutte le cellule del nostro corpo sono equipaggiate con un complesso sistema scheletrico all’interno del citoplasma, che permette loro di mantenere una forma specifica, allungare le braccia per “afferrare” qualcosa o addirittura muoversi autonomamente!

Cosa intendiamo invece quando parliamo di “sentire”? Le cellule hanno dei recettori cellulari sulla loro superficie, che agiscono come occhi ed orecchie e possono percepire di tutto: messaggi da altre cellule, segnali pericolosi da possibili agenti patogeni, nutrienti e comandi dall’alto (come nel caso degli ormoni… perchè quando il capo parla, non si discute).

Ogni recettore può percepire un solo tipo di stimolo (o pochi stimoli simili tra loro), ma avendone moltissimi ogni cellula può vedere e sentire tantissime cose allo stesso tempo.

Se avete delle difficoltà a immaginarvi una cellula con occhi e orecchie, guardate questa immagine vera presa al microscopio: ogni pallino colorato riflette centinaia di recettori, e ogni colore ne evidenzia uno diverso. Molto bello vero?

Ma allora le cellule sono intelligenti! Ebbene, si potrebbe dire di sì! Infatti ogni cellula è un sistema intricatissimo di meccanismi di controllo (composto dalle proteine) molto simili a quelli che esegue un computer: premo un tasto e il computer processa il necessario per avviare il software. Ogni cellula riesce a fare questo anche meglio di un processore, perché è più versatile ed è in grado di adattare le sue risposte a seconda della situazione. Volete avere un’idea di quanto possa essere complicata una di queste reti di segnali? Eccovene una ‘semplice’, per comodità.

Da: Cell Signaling Technologies

A volte però tutto questo complicato sistema viene usato nel processo più macabro e oscuro di una cellula: la sua stessa morte. Eh già, molto spesso la morte di una cellula è una cosa cercata e organizzata; non è da evitare, ma anzi, a volte serve a evitare il peggio. Certo, una cellula può morire “di sorpresa”; per esempio quando cadete e vi sbucciate il ginocchio, moltissime cellule nella zona subiranno una triste fine. Ma in molti casi la cellula muore con consapevolezza, come un eroe in battaglia in un processo chiamato apoptosi, la cosiddetta morte programmata.

Ma perché una cellula dovrebbe suicidarsi? Quando è troppo vecchia e non è più in grado di fare il suo lavoro, quando viene infettata da un virus, e quando sta per trasformarsi in un tumore. Tutti casi in cui la cellula sa che in ogni caso l’organismo starà meglio senza di lei: se la cellula vecchia muore, non c’è possibilità di errori; se la cellula infetta muore, il virus muore con lei; se la cellula tumorale muore, il tumore non nascerà mai. Molte volte non è la stessa cellula a decidere di morire ma sono le cellule vicine che la convincono a morire; altre volte ancora si tratta di un vero e proprio assassinio.

Ma per quanto crudele e meschina questa morte possa sembrare, le cellule lo fanno in pace, con il sorriso sulla membrana perché sanno che il corpo starà meglio senza di loro.

Nel prossimo articolo parleremo esattamente di come amaro possa essere il destino se la cellula invece di morire diventa un tumore.